Kuala Lumpur è da pazzi. Sconvolge le logiche del comune senso dell’orientamento come nessun altra città visitata. Il suo nome significa “confluenza fangosa” tra un fiume grande ed uno piccolo e davvero si rischia di rimanervi impantanati. È infatti una città costruita per le macchine dove il pedone conta quanto a scacchi. Tra i piloni di cemento sporchetti che sostengono le autostrade ed i treni monorotaia, attraversare è veramente complicato: devi conoscere i punti dove ci sono i ponti sopraelevati, o contare su un buon allungo perchè sulla strada normale, a molte corsie, devi correre. Oppure aspettare che un manipolo di temerari inizi la traversata ed unirti a loro. Se dovessimo usare di motti, direi: “l’unione fa la forza” e ” non è un paese per vecchi”. Oltre a questo si aggiungono i lavori in corso, faraonici e presenti ovunque. Sì perchè la città sta cambiando volto e si vota ancora di più al turismo quindi ha bisogno di attrazioni accessibili e presto. Peccato che nel frattempo non si curi minimamente del comfort dei visitanti che già ci sono. Facce perplesse di occidentali ovunque, gente che per disperazione, dopo essere stata deviata da cantieri in tre incroci di fila, scavalca le ringhiere raccomandandosi ad Allah. Immagino che tra 5 anni questa città sarà molto diversa, già si vede che nella zona centrale, quella di Merdeka square (non ridete, vuol dire ” piazza Indipendenza”), stanno pavimentando col marmo e lasciando ampie zone di prato e fiori. Intanto però conoscere bene i passaggi interni ai centri commerciali, che sono tutti collegati, è un salvavita usato con cognizione dai locali e dai visitatori che contano almeno tre giorni di permanenza (perchè prima non lo capisci). All’interno di questi passaggi, che sono a loro volta collegati da passerelle sospese tra gli edifici, tutte coperte, le indicazioni ci sono e sono anche ben fatte. Da Bukit Bintag , il quartiere vip, alle Petronas Towers si arriva senza mai mettere il naso fuori. Diciamo che è un vantaggio nel caso delle piogge torrenziali che spazzano la città almeno una volta al giorno e anche quando il caldo soffocante ti sta sfiancando.
Tuttavia, levano quel gusto della scoperta nell’aria libera ed il sapere sempre se fuori fa buio o luce, rispetto all’ora in cui sei entrato. Per questa fissazione mi sono ostinata a camminare fuori, e l’unica soluzione che ho trovato per non perdere il filo di arianna è stato guardare in alto e ricordarmi il nome degli edifici e degli shopping malls. Purtroppo, così facendo, si passa per zone un po’ squallide, anche perchè la città segue uno sviluppo a macchia di leopardo ed in mezzo ci sono i cantieri, qualche chalet tra gli alberi che ti pare ancora di stare nella giungla e sopra-passaggi ripidissimi, quando sei fortunato. Puoi anche chiedere alla gente, che è molto cortese e tenta di aiutarti. Ma molto spesso non sa o ti da delle indicazioni di difficile interpretazione. Destra o sinistra non è mai netto: anche il segno che ti fanno con la mano può essere una bisettrice tra le due direzioni e io mi domando se a questo punto l’incertezza sia un tratto culturale. Google maps mi ha mandato in certi sopra-passaggi davvero poco raccomandabili e quindi ho smesso di domandare anche a lui. Comunque, la soluzione mi è arrivata come sempre dal pragmatismo dei pionieri inglesi, che questi luoghi li hanno colonizzati: per orientarsi la cosa ideale è fare prima un giro di quelli con il Bus scoperto, anche se lo trovi kitsch. Almeno capisci dove sono le cose da vedere e ti godi anche i grattacieli fantasmagorici da tutte le prospettive. Ce ne sono tantissimi, non solo le famosissime Petronas e la KL tower.
Gli asiatici sono ossessionati dall’ altezza e credo sia per questo che visitano tanto Kuala Lumpur, che di storico non ha molto. Comunque, anche grazie a Air Asia, la Ryanair asiatica che ha sede qui, sta crescendo moltissimo e diciamo che due giorni di visita gli vanno concessi, non di più. Se non altro per vedere la zona coloniale, la Chinatown nazionale, patria degli orologi tarocchi, e lo skyline veramente mozzafiato degno di una metropoli in cui scorre il petrolio a fiumi: non troppo, diciamo solo quello piccolo dentro a quello grande dell’OPEC.
Kuala Lumpur: genio e sregolatezza urbanistica diAlessia Biasatto è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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