Notice: Function _load_textdomain_just_in_time was called incorrectly. Translation loading for the woocommerce domain was triggered too early. This is usually an indicator for some code in the plugin or theme running too early. Translations should be loaded at the init action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /home/alessiabiasatto/public_html/wp-includes/functions.php on line 6114

Notice: Function _load_textdomain_just_in_time was called incorrectly. Translation loading for the instagram-feed domain was triggered too early. This is usually an indicator for some code in the plugin or theme running too early. Translations should be loaded at the init action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /home/alessiabiasatto/public_html/wp-includes/functions.php on line 6114

Notice: Function _load_textdomain_just_in_time was called incorrectly. Translation loading for the polylang domain was triggered too early. This is usually an indicator for some code in the plugin or theme running too early. Translations should be loaded at the init action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /home/alessiabiasatto/public_html/wp-includes/functions.php on line 6114
I barcascontri del Taman Negara – Alessia Biasatto
  • it
  • en
  • ALESSIA BIASATTO

    I barcascontri del Taman Negara

    0 Shares

    Per sentirsi veramente wild c’è da andare una volta nella giungla. Mi riferisco alla rain forest, quella foresta intricata e intrisa di umidità che si trova solo a livello delle equatore. E non importa che tu sia tigre o varano:

    giunto fin lì dovrai comunque salire. Sì, cammminare in salita perchè la giungla si impenna e precipita all’improvviso con pendenze intense e non è in pianura come nel Kerala indiano o come immaginavo io, guardando passeggiare Mowgli e Baloo. Sicuramente per questo hanno inventato le canopy walkaways, ossia delle passerelle sospese che vanno di albero in albero. Si snodano come un grosso anaconda e permettono di spostarsi rapidamente. Peccato che siano fatte per i visitatori e non tanto per gli indigeni. Poi ci sono anche le liane comunque, c’è tutto: le piante medicinali da strofinare, le formiche grandi come un dito del piede, le resine appiccicose con cui gli indigeni incollano i pezzi delle cerbottane. Per evitare tutte queste insidie, allora, che c’è di meglio che camminare a 45 metri di altezza, IMG_0252strisciando come gatti di città cauti, che prima saggiano la grondaia? Questi sono solo i pochi pericoli che ho trovato io sul mio cammino, facendo un mini percorso per turisti. Però, se uno volesse, nel Taman Negara può fare un trekking di due giorni che prevede circa 15 ore di cammino e dormire in una spelonca circondati da ragni, serpenti e porcospini dagli aculei giganti, tenuti lontani solo dal fuoco. Poi in teoria qui vive anche qualche esemplare di tigre malese ma nessuno (grazie al cielo) l’ha mai incrociata e bisognerebbe andare a Sabah nel Borneo settentrionale per coglierla sul fatto. Diciamo che io, a differenza dei miei amici, ho preferito vivere la giungla come un lunapark per non impressionarmi troppo, e sono andata persino sui barcascontri che sfrecciano pieni di viaggiatori in mezzo alle rapide lente.

    Il fiume, infatti, ha una forza molto limitata in questo punto e se ci siamo inzuppati fino al midollo è solo perchè i barcaroli burloni tentano di dare un di più alla traversata che conduce ai villaggi indigeni. Questi ultimi starebbero alle tribú cattivissime del Borneo centrale (quelle che mangiano la gente) come i gitani stanno agli zingari Rom. Trasposta ad altre latitudini e costumi è un po’ la stessa filosofia: rifiutare qualsiasi integrazione con la comunità attigua e stare lontani dal progresso per vivere da nomadi ed in piena libertà. È affascinante vedere come in un mondo dove tutti hanno tratti marcatamente cinesi, questi ragazzi assomiglino di più ai negri dell’Africa.

    Chi guarda i documentari sicuramente ne sa più di me, ma io sono rimasta molto colpita dalla simulazione di caccia con le cerbottane, dai proiettili avvelenati e anche da come accendono il fuoco. E’ vera la cosa che ci raccontavano da boyscout, anche non siamo mai riusciti a farlo: alle equatore ci sono dei legni che strofinati opportunamente fanno scaturire il fumo in pochi istanti. Il legno meranti con il rattan, nella fattispecie, che molti di noi conoscono solo nell’utilità delle sedie da giardino Ikea. Di sedie qui non ce ne è traccia sotto le tettoie: usano il suolo per dormire e per sedersi, però, e non me l’aspettavo, indossano tutti le ciabatte. Contraddizioni come quella di fare della giungla un parco giochi, se vogliamo, o il fatto che ogni “uomo”della tribù debba essersi costruito una di queste armi da caccia e aver già imparato tutto sul veleno dell’ipoh a soli dieci anni. So che avrei potuto addentarmi di piú nella mia visita alla giungla ma per una volta mi sono accontentata del baraccone all’ingresso e delle attrazioni di facciata. Forse per il sentore del Sogkran imminente o per il caldo che trasudo dai vestiti mi godo i gavettoni dei vicini di barca: cercherò quale albero sia l’ipoh dalla tranquillità della poltrona di un ostello stavolta. La città e la tecnologia, forse quando mi sento indifesa di fronte alla grandezza della natura, mi richiamano a sé.
    IMG_0217

    Licenza Creative Commons
    I barcascontri del Taman Negara diAlessia Biasatto è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *