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  • ALESSIA BIASATTO

    Sopravvivere al traffico di Bangkok: taxista vecchio fa buon brodo

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    Una metropoli asiatica a giorno d’oggi ha le ambizioni urbanistiche di una Londra o una New York e diciamo che verticalmente non le disattende mai: basta vedere la gara in corso tra i grattacieli più alti del mondo a Kuala Lumpur, a Shangai ma anche nell’amata Bangkok.

    Orizzontalmente, però, almeno quest’ultima mantiene una caoticità automobilistica interrotta solo dalle infinite sopraelevate in costruzione, dal BTS skytrain e dalla benedetta metro MRT. Purtroppo però esse collegano solo la zona più INN della città. La città vecchia e l’area storica dei monumenti sono invece le meno servite dai mezzi pubblici e pertanto rimane un’unica scelta, se a un certo punto della giornata i piedi esplodono e le spalle sono già marchiate a fuoco dalla cannottiera: il dannato taxi.

    Dico dannato perchè se già in Europa vige la lotta a non farsi fregare, qui ci sono le aggravanti di una lingua non phonic-friendly, di un alfabeto diverso e di una scarsissima pratica con le mappe occidentali. Già ho trattato il tema della diversità di prospettiva spaziale tra mappe occidentali e orientali, ma non ho ancora detto nulla su chi le legge.

    Ebbene, dopo essermi fatta inviare indirizzi scritti in alfabeto thai dagli alberghi e persino dalle applicazioni di prenotazione (ottima come sempre Agoda in tal senso) sono arrivata alla conclusione che c’è una grossa percentuale di tassisti che non sa leggere. E, oltre a questi, molti che fanno la sceneggiata siamese. Sta di fatto che arrivi alla stazione e per farti portare al monumento (gigante) alla Democrazia si riuniscono minimo tre ceffi intorno al tuo telefonino (che non gli molli in mano neanche a morire, nemmeno quando fanno i miopi).Non capiscono, non sanno.

    Sarà pure che di democrazia non ne vedono molta, visto che c’è un regime militare, ma farsi portare dove vuoi tu é un’impresa, soprattutto se si è già fatto buio. I taxisti di Bangkok mi sa che adottano, infatti, delle tariffe fotocromatiche, che al sopraggiungere del crepuscolo si esprimono solo in multipli di 100 baht. Io ho lottato con la grinta una campionessa di muay thai per farmi mettere il tassametro, che parte da 35 baht aumentando super lentamente e di pochi centesimi man mano che passano i chilometri.

    “Meter!” bisogna dire, puntando i piedi e pronti al combattimento, come quando negli incontri suonano le cornamuse iniziali. Questo lo fate appena loro abbassano il finestrino.

    I primi tre, ve lo dico, andranno via brontolando, poi però il quarto -spero- farfuglierá qualcosa che vuol dire “va bene sali” e premerà finalmente il pulsantino sotto il contatore. Con ogni probabilità noterete che il vostro sfidante era un vecchietto macilento. Di quelli che da noi sarebbero già in pensione e vi farà tenerezza per questo, anche perchè lui si attiene timorosamente alle leggi, che per altro esistono.

    Infatti di questi tempi i tassisti di Bangkok sarebbero obbligati dal governo a usare il meter ma evidentemente i falchetti magrolini che vi aspettano fuori dalle discoteche di Sukhumvit si sentono sprezzanti del pericolo e ancora si permettono di lasciarvi a piedi. Stimo che in un paio d’anni, visto quanto seriamente la Thailandia militare prende lo sviluppo turistico, questi piccoli bruce lee con la spocchia del loro scarso inglese saranno ricondotti all’ovile.

    Intanto però vi consiglio di scegliere il tassista vecchio, che come la gallina fa buon brodo, e magari gli pagate anche la pensione che é scarsina. Se poi scegliete un albergo adiacente a un templio e registrate qualcuno che in Thai ne pronuncia il nome, potreste aver fatto il colpaccio e muovervi per le strade della capitale con la leggerezza aerea di un dragone da cerimonia.

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